Questo sito utilizza cookie per il suo funzionamento, anche di “terze parti”. Per conoscerne il funzionamento e bloccarli è possibile visualizzare l'informativa estesa. Chiudendo il messaggio o navigando regolarmente dai il tuo consenso. 

Partecipazione cittadina "chiave di volta” per il cambiamento sociale e politico?

Prima di chiederci se la partecipazione sia una possibile risorsa per un possibile cambiamento, dovremmo prima definire cosa intendiamo per partecipazione. Per partecipazione s'intendono quelle interazioni sociali in cui sono coinvolti i cittadini, che sono rivolte in qualche modo alla risoluzione di una situazione collettiva percepita come problematica o all'assunzione di una decisione di interesse pubblico (Patrizia Nanz e Miriam Fritsche).
Oggi sempre più si parla di partecipazione e democrazia partecipata, perché iniziano a diventare evidenti i limiti della democrazia rappresentativa, che ha creato una separazione tra società civile e società politica (Di Giorgi Piero), permettendo all'élite politica di seguire solamente i propri interessi, a danno degli interessi dei cittadini.

Le conseguenze di questo le vediamo tutti i giorni e in particolare in questo momento si fanno sentire con maggiore drammaticità.
In particolare ci rendiamo sempre più conto di come l'organizzazione della cosa pubblica sia stata finalizzata a rispondere ad interessi privati, impedendo un organizzazione efficiente e impedendo di fatto uno sviluppo sostenibile.

In risposta a questo i cittadini sentono l'esigenza di partecipare realmente alle decisioni che incidono sulle loro vite senza più delegarle, in sostanze si sente sempre di più la necessità di organizzarsi per partecipare alle decisioni, far valere i propri diritti e soddisfare i propri bisogni.
Però dando uno sguardo alla storia, in particolare alla fine degli anni 60 ma non solo, vediamo come ci sono stati molti movimenti, partiti e associazioni che si sono posti questo obiettivo senza successo però, ed è lecito chiedersi il perché; perché è così difficile per la maggioranza dei cittadini organizzarsi? Perché è così difficile innescare il cambiamento che tanti di noi desiderano?

Una possibile risposta sta nel fatto che spesso anche questi gruppi, che auspicavano un cambiamento, erano e sono organizzati secondo una base gerarchica nella quale una piccola minoranza prendeva le decisioni per la massa, da qui l'avviarsi di ulteriori dinamiche di dominio e il fallimento, nel raggiungere il cambiamento desiderato.

Da questo possiamo dedurre che c'è bisogno di spingerci verso nuove forme di organizzazione politiche che vengano dal basso.
Questo significa che bisogna non solo uscire da uno stato di passività, ed organizzarsi in gruppi, movimenti e associazioni, ma è necessario organizzarsi seguendo delle modalità e dei metodi che permettano un cambiamento di rotta.

Passando da modelli organizzativi che si sviluppano intorno a un leader e che continuano a concedere il potere solo a pochi a modelli organizzative che si sviluppano in orizzontale, in cui le decisioni vengano prese con la partecipazione di tutti, dove venga riconosciuto il valore di ciascuno e si metta da parte la volontà di primeggiare, sostituendo la competizione con la cooperazione.

Questo implica anche, diritto alla parola per tutti, ascolto della posizione degli altri ed accettazione delle differenze (P. Di Giorgi).
In sostanza non basta organizzare manifestazioni, petizioni o scrivere lettere di protesta, ma bisogna fare un salto di qualità.

feed-icon
 

Realizzazione siti web | Web Design 

JoomShaper